La pelle sotto le dita e tremi ancora. Anche quando mi guardi e dici che non funzioniamo. Mentre, come un gatto, passi il tuo naso sul mio, sembra una resa. Non ti arrendi mai, invece. Non abbassi la guardia verso le tue emozioni. Nemmeno quando cerchi con le tue labbra le mie in un gesto che ha la tenerezza di un bambino. E vorrei dirti, come in quella canzone, che abbandonarsi ogni tanto è utile. Ho provato a scacciarti, a dirti “Vai!” e tu ti avvinghiavi. Ho provato a cercarti con parole che non fossero quelle domande che odi, hai messo distanza. Non c’è un gioco che sia efficace con te. Non c’è nessuna regola. E se preferisci scapperò e starò in silenzio e ti lascerò nei ricordi. In una risata che scoppia per aver detto la stessa cosa nello stesso momento. In una mano che mi allaccia la vita mentre camminiamo verso un bicchiere di vino. In uno sguardo agganciato al mio, in un locale vuoto, mentre mi chiedi cosa ci fai con me. E vedi, te lo avrei spiegato cosa ci fai con me. Scrivi dialoghi che a pensarli prima non sarebbero venuti così bene. Prendi tutto quello che so dare. Fai le fusa mentre ti accarezzo e chiudi gli occhi come fosse quello l’unico universo possibile. Attraversi la città solo per sentire, ancora una volta, come si sta bene sul mio letto e non solo per il materasso. E ti fai ascoltare, che così non ti ha mai ascoltato nessuna.
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