Sono fatta di tabacco, un respiro profondo per il pacco appena aperto: mi porta a quando bambina andavo, mano nella mano con mia sorella, verso la scuola. A piedi, bambine, da sole. Perché allora andava bene così. Le signore erano sedute sulla soglia dei garage e infilavano con precisione e velocità una foglia dopo l’altra su fili di ferro, da stendere al sole a seccare e il profumo pungeva le narici. Sulla strada parellala c’erano le campagne, nel mezzo larghi filari coperti di tele bianche, lì si riposavano le foglie nel tepore.
Sono fatta di tepore, quello che cerco nelle persone, in maniera maniacale, con la convinzione che tutti ne abbiano un po’, con la caparbietà nel voler essere io a tirare fuori un tremito anche ai cuori più chiusi, impenetrabili. Come tutte le volte che ho provato con mio padre, fino a rinunciarci.
Sono fatta di rinunce, non sono all’altezza, non sono bella, non sono magra, quindi rinuncio. Rinuncio a pensare di meritare delle cose, rinuncio a voler eccellere e quando succede me ne vergogno.
Sono fatta di vergogna, per quel che sento di essere e non voglio mostrare, per quel che vedo di me e non trovo abbastanza, vergogna anche per le parole che scrivo, anche se le esibisco.
Sono fatta di esibizione, perché pur non trovandomi bella, ho trovato nel fotografarmi il modo per accettarmi, per pensare al mio corpo imperfetto come bello perché unico: la bruciatura sul braccio sinistro; l’impronta della sbucciatura presa nella caduta in bicicletta; la cicatrice dei tre punti sull’anulare destro; le striature causate da un bacio di scogliera alla mia coscia sinistra. Sono io. Nessun altro li ha. Ho bisogno di esibirmi perché negli occhi degli altri possa amare i miei.
Sono fatta d’amore e quanto suona patetico scriverlo, rido di me stessa che nemmeno lo conosco l’amore, nemmeno so se ho mai davvero amato, ma so che so darne. So curare, carezzare, accudire le persone a cui voglio bene, a volte troppo, a volte senza ragione. Mi dedico, perché ho fatto dell’essere utile una necessità.
Sono fatta di necessità. Quella di stare da sola e quella di volere qualcuno accanto. Quella di voler capire e quella di essere abbastanza stupida da non intendere affatto. Quella di sentirmi indipendente e di dipendere da qualcuno.
Sono fatta di dipendenze. La scrittura, la rappresentazione, le parole, la solitudine e la compagnia, il cibo – buono -, il vino, gli amici, il piumone, le serie, il telefono, le cose belle, il tabacco. L’amore.
Quello che sono
Sorprese
La lavatrice mi guarda con il bucato da stendere, fuori il cielo finalmente terso. Il sole che mi dice, dai manda quel messaggio e concedi tempo di conoscenza a qualcuno che è appena entrato nella tua vita. Sono un cumulo di incertezze. Da due giorni so che la scelta è tra correre il rischio di andare via da qui, in questa azienda che di sano ha proprio poco, o ricominciare da qui, rischiando di stare ferma per un po’. Da due giorni penso a un bacio rubato che mi ha colta di sorpresa e portata fino a casa, guidando con mille interrogativi in testa, mentre ogni tanto mi sfioravo le labbra. E le cose nuove ci colgono di sorpresa che siano belle o brutte.
Mi faccio abbracciare dal divano come in attesa degli eventi, come se qualcuno mi potesse dire cosa fare. Invece dovrei decidere io se è il caso di lasciare da parte il solito narcisista che mi prende la testa e andare incontro a qualcuno che potrebbe darmi molto di più di serate tra tappeti, vinili e oggetti dal mondo, potrebbe darmi affetto vero. Dovrei riscrivere il mio curriculum, farcirlo di parole inglesi che danno l’impressione di saper fare cose inenarrabili solo perché è questo che attrae i cacciatori di teste. Abbiamo una lingua bellissima, ma pare non sia abbastanza affascinante per il patinato mondo della moda che vive di brand, di manager, di analyst, di follow-up. Sto qui mentre mi chiedo come pagherò i prossimi affitti, chi mi abbraccerà per confortarmi, se potrò permettermi di riparare il forno, se presto qualcuno dormirà a cucchiaio con me. Non so nulla, vorrei potermi fermare un po’, e invece tutto corre e corre veloce da agosto e io mi sto affannando e sono stanca. Stanca di lottare, stanca di rincorrere, stanca anche di pensare.
I rapporti liquidi dei tempi moderni
Ma l’uomo moderno pare non avvertire questa voglia di normalità, instaura questi rapporti e spesso li porta avanti anche per mesi. Apprezza la comodità del sesso assicurato senza i week end fuori, senza dover condividere un letto anche quando non si è svegli, il non dover dar conto a nessun cosahaifatto, doveseistato. Ma non viene voglia di condivisione prima o poi? Non manca il calore, il vissuto, persino i litigi costruttivi? La identifico come paura di misurarsi con una relazione, ma sono aperta a qualsiasi spiegazione. Gli uomini disposti alla progettualità sono rari. Non sono una che crede tanto nel per sempre, con un matrimonio alle spalle mi sento abbastanza disillusa, è all’intenzione che mi riferisco. Uno ci prova, poi le cose possono non andare bene, ma almeno ci prova a far sì che una cosa funzioni.
Degli esperimenti del frequentiamoci ma senza impegno
Stiamo insieme ma non vediamoci che poi ho paura
Anzi vediamoci quanto ci pare
Ma vediamoci in compagnia
Mi sono rotto il cazzo dei codardi con l’amore degli altri
Mi sono rotto il cazzo perché poi non si dorme più
Si sta svegli finchè non muore la speranza
Maledetta stronza che non muore mai mentre io vorrei dormire”
Continuare a esserci
R.
Un post di qualche tempo fa che torna attuale per racconti di amiche che vorrei riuscissero a vedere cose che l’amore fa dimenticare.
Stringevi forte tu. Hai saputo tenermi incastrata per tre lunghi anni e io mi sono lasciata fare. L’immagine che ho di te è così tremendamente incisa nella testa che non passerà mai, anche per non lasciarmi risucchiare da qualcun altro come è successo con te.
La prima volta ti ho incontrato in una stazione e dentro di me ripetevo che non doveva succedere nulla e invece è successo tutto.
Tu hai distrutto una ragazza ingenua e dedita alla normalità noiosa e di questo in fondo te ne sarei grata se non fosse che sono convinta che sarebbe arrivato comunque qualcuno al posto tuo a farlo. Volevo che qualcuno mi svegliasse dal torpore, dai nomignoli degli ultimi quattro anni, dai tiamolosaichetiamo detti come un rosario e come questo avevano perso ogni senso d’esser recitati.
Non eri bello, non eri affascinante, eri notevolmente più grande di me, ma avevi la testa e…
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Lì, dove sono io
Camminavo per Alfama, per le strade le note del fado. Se non ci sei stato non è possibile descrivere cosa si prova. Sentirsi sola nella sua accezione migliore. Prendere possesso di tutti i sensi e respirare. Mi sono fermata per una rua, non importa quale, ho chiuso gli occhi e ho sentito me, quell’essere che non ha bisogno di altri per sentirsi. Dopo esserci stata comprendo quella saudade che Lisbona ti può lasciare addosso. La mia è una saudade dettata anche da questo momento strano, forse non il migliore, ma sono queste le cose che ti fanno crescere. E sì, cresci anche a quarant’anni. È come la magia del fado, una tristezza che ti invade ogni singola cellula, struggente, devastante, ma di una bellezza ammaliante. E in questo momento vorrei essere in cima al castello, davanti alla distesa di case e il rio Tejo luccicante sotto il sole, lontana da tutto e così vicina a me. Adesso il mio contatto con me stessa è relegato a una stanzetta vicino casa, dove ogni settimana svuoto quel che fa tremare la mia autostima davanti a un uomo che cerca di portarmi verso l’essenza dei miei problemi. Vorrei rileggermi tra qualche mese, sorridere e sentirmi a Lisbona, ovunque io sarò.
Home is where my melancholie is
Firenze, lo sai.
Cosa sei disposta a perdere?
Quando stai spendendo energie dietro a qualcosa che ti intriga, anche se non pensi ti porterà da nessuna parte, ma la vuoi, come un bambino vuole quel giocattolo.
Avrei pagato per sentirmi dire una cosa così nei corsi e ricorsi di una storia.
così — senza immagini
salgono dallo stomaco, passano per la gola e arrivano sul bordo degli occhi [fotografia di me che le scrivo, per bloccar loro la strada]
via — senza immagini
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